Diciamo ogni giorno di cercare la felicità. Ne condividiamo la ricerca sui social: spasmodica, costante, quasi ossessiva. Un mantra che accompagna la nostra quotidianità, amplificato e rappresentato da citazioni e frasi sibilline. Insomma, siamo cercatori di una felicità che rappresentiamo quasi irraggiungibile.
Ma siamo sicuri di volere effettivamente la felicità che diciamo di cercare? E soprattutto: quando la troviamo, la prendiamo o la rifuggiamo? Domande che è difficile farsi, specie se la felicità ostentata sui social pare appagarci più di quanto non possa farlo essere felici veramente.
Un tranello in cui molti cadono e dal quale, una volta che ci ha fagocitati, è assai complicato uscire. Mi mostro felice, quindi tutti mi vedranno felice anche se non lo sono. Fino al prossimo post. Alla prossima story intrisa di delusione e di insoddisfazione.
Cercare la felicità: sì ma quale?
Facile dire felicità. Ma quale felicità cerchiamo? Quella di un attimo, che ci appaga saltuariamente e poi ci spinge di nuovo nel buio? Oppure quella più duratura di un rapporto umano, di una condivisione costante? Perché è questo a fare la differenza in una prima ricognizione sulla felicità ricercata; cosa vogliamo, questo il quid da esaminare alla luce del sole.
In entrambi i casi, quale che sia la dimensione nella quale ci troviamo, è una felicità che si può trovare. Se siamo disposti a volerla, a vederla quando ce l’abbiamo davanti. E soprattutto ad accettarla. Ma non sempre è tutto così semplice, specie nei tempi che viviamo, intrisi più di immagini e parole che non di volontà concrete.
Siamo sicuri di volere la felicità?
Una domanda da farsi sempre. Perché l’osservazione della realtà ci dice che moltissimi dicono di cercare la felicità ma realmente non la vogliono; quando ce l’hanno davanti, quando ne hanno la concreta possibilità spesso la rifuggono. La allontanano, non hanno la forza o forse la volontà di prenderla a due mani ed assaporarne il profumo.
Per questo occorre chiedersi se dietro alla ricerca di felicità, il più delle volte manifestata sui social o in chiacchierate a cuore aperto, non si nasconda solo una volontà fine a se stessa di cercare felicità. Capace di mantenerci però nella condizione di lamentarne sempre la mancanza.
Rifuggiamo ciò che potrebbe farci star bene
Lo facciamo, sì. Allontaniamo ciò che potrebbe farci star bene. Un paradosso? Forse. Di certo una prepotente tendenza del tempo delle immagini, delle frasi ad effetto e delle lunghe solitudini digitali in cui volontariamente ci perdiamo. Delle interminabili attese di visualizzazione di contenuti ad alto tasso di inquietudine emotiva, che il parlare apertamente con una persona cara potrebbe far evaporare in un attimo.
Rifuggiamo la felicità con un semplice scroll, come facciamo quando il post o la storia che ci viene proposta non è di nostro gradimento. Perché non incontra lo stato emotivo del momento o perché, magari, ci mette di fronte a considerazioni che potrebbero migliorarlo quello stato emotivo. Scrolliamo la felicità, come in un eterno gioco di avvicinamenti e respingimenti. Cerchiamo ardentemente ciò che non sappiamo nemmeno se realmente vogliamo.
Photo – Pixabay